La “riforma” Renzi-Boschi della Costituzione, fortissimamente voluta dal Governo, è una brutta legge, scritta male, approvata peggio e con un fine reale diverso da quello dichiarato: la maggioranza dichiara di ricercare una maggiore semplicità e velocità nel processo legislativo (leggendo le carte si vede che questo obiettivo è clamorosamente mancato) e invece il maggior effetto delle riforme è l’affrancamento del Governo dal controllo parlamentare (già in atto ma definitivamente fissato con la revisione costituzionale).
L’Italia ha sicuramente bisogno di riforme: l’incremento delle possibilità di comunicazione e, più in generale, il cambiamento dei modi di produrre, di consumare e di relazionarsi, richiederebbero un adeguamento dei rapporti tra cittadini e stato, ma la disaffezione dei cittadini verso le istituzioni indica la necessità di riforme dirette verso una maggiore partecipazione. Durante la discussione parlamentare ogni ipotesi in questo senso è stata rigettata. Là dove il Governo rivendica l’introduzione di modifiche ampliative degli istituti di democrazia diretta, andando a guardare la legge si vede che queste sono rimandate ad atti successivi.
Come dire? Ciò che voglio me lo prendo, ciò che vuoi te lo darò “in seguito” #staisereno.
Al di là delle valutazioni sulla affidabilità degli impegni assunti dal premier, fidarsi di un impianto siffatto nella scrittura della Costituzione del Paese sarebbe un pessimo servizio a tutti i cittadini, al di là delle opinioni politiche.
Una costituzione come quella che risulterebbe dalla modifica, infatti, è una vera e propria blindatura dei governi rispetto ai desideri dei cittadini. Uno schiaffo a coloro che nel voto del 2013 hanno chiesto uno stato più umano ma anche un maggior controllo popolare sulle istituzioni. In effetti, gli unici soggetti che si avvantaggerebbero delle novità sarebbero le lobby, che le hanno cercate e sponsorizzate. Quelle stesse lobby che hanno indotto i governi a salvare le banche e l’ILVA, che hanno ottenuto regole più comode per la gestione delle piattaforme petrolifere e per l’impiego dei lavoratori dipendenti. Con un governo “decidente”, capace di decisioni impopolari, le lobby ridurrebbero gli interlocutori e si semplificherebbero la vita.
Ormai da anni si gioca con le parole: come “governabilità”. E se l’Italia non avesse bisogno di #governabilità, ma di #governo? Di un governo democratico che comunica coi cittadini e cerca continuamente la sintonia con loro? Prima che la prima repubblica si deteriorasse, il mantenimento di questo rapporto era affidato ai partiti. Quando questi sono marciti, trasformandosi in gruppi di potere, si cominciò a parlare di ridurre la rappresentanza a favore di una maggiore libertà di azione del governo, in ambito massone prima, e in ambiente politico poi. Ed ecco venir fuori la governabilità.
L’argomento della riduzione dei costi della politica, poi, é così falso da risultare offensivo: chi è disposto a credere ai mirabolanti risparmi millantati dal Governo (e smentiti dalla ragioneria generale dello Stato)? Il Senato rimarrà in piedi con tutta la sua struttura e le spese che questa comporta, avrà solo meno componenti e questi non saranno eletti dal popolo. Qualcuno dice che però i cento nuovi “senatori” non sarebbero pagati per questo incarico. Permettete una domanda: il sindaco della tal città o il consigliere della tale regione andrebbero a Roma a spese proprie? Forse no. Se si trattava di risparmiare si poteva eliminare il Senato o, molto meglio, ridurre il numero e le indennità di tutti i parlamentari, sia alla camera sia al Senato. La riduzione dei costi della politica é solo uno specchietto per i gonzi. Il costo peggiore della politica è un governo sordo alle richieste delle persone. E questo, nei disegni di Renzi, pare destinato a rimanere. Per questo #iovotoNo. Con entusiasmo.
Renzi indegno . Voto nooooooooo
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