Atto Senato, Mozione 1-00142presentata da FRANCESCO CAMPANELLA
giovedì 12 settembre 2013, seduta n.102
CAMPANELLA, CASTALDI, SIMEONI, CIOFFI, MORONESE, LEZZI, BERTOROTTA, PEPE, VACCIANO, SCIBONA, AIROLA, FUCKSIA, LUCIDI, CRIMI, MORRA, PUGLIA, GIARRUSSO, SANTANGELO, BLUNDO, GAETTI, SERRA, CASALETTO, CATALFO, ORELLANA, BATTISTA, BOCCHINO
Il Senato, premesso che:
il nostro Paese vanta uno dei patrimoni artistici, architettonici e culturali più estesi e belli al mondo. Purtroppo spesso tanta ricchezza non viene valorizzata né tantomeno tutelata nella giusta maniera; il 2 luglio 2013, “Il Sole-24 ore” riportava questa notizia: “Pompei sprofonda a Pompei per risorgere a Londra. Il paradosso di un’emigrazione culturale con pochi, o forse nessun precedente, non può essere più evidente, e per certi versi straziante, di quello che emerge dalle lettura comparata delle cronache italiane e del più aggiornatoreport del British Museum. Mentre il ministro Massimo Bray replica al monito Unesco riaffermando la volontà di difendere il più straordinario sito archeologico minacciato dall’incuria di un Paese viziato dalla sua bellezza, Neil Mac Gregor, direttore del palazzo di Great Russell street, esulta per i successi britannici di un tesoro d’Italia. Pompei, a queste latitudini, è un gran business. Sbanca. La mostra Vita e Morte a Pompei ed Ercolano s’avvia ad essere il terzo maggior evento nei 250 anni di storia del British alle spalle dei Tesori di Tutankhamen (1972) e dell’Esercito di Terracotta cinese (2007). (…) nell’amara constatazione che ormai non solo i giovani emigrano a caccia di miglior fortuna, ma sembra andarsene, seppure in cartolina, anche il patrimonio culturale, alla ricerca di una gloria che se non è ancora perduta è quanto mai minacciata”; questa notizia conferma che i patrimoni artistici, architettonici, culturali e storici italiani sono messi in serio pericolo dalla rinuncia politica alla corretta ed adeguata azione di tutela, nonché alla programmazione di adeguati interventi di salvaguardia e valorizzazione, ponendo così il nostro Paese in un grave e lesivo atteggiamento di rinuncia alla propria vocazione artistica e culturale sulla quale si è fondata l’identità e lo sviluppo della comunità nazionale; considerato che: è necessario adottare una strategia prima che sia troppo tardi e il declino si abbatta anche sulle nostre eccellenze e su uno dei settori cardine per la tenuta sociale ed economica del Paese; la gravissima crisi in atto coinvolge ogni ambito dell’economia e della società fino a mettere in discussione la tenuta dell’intero sistema e del nostro modello di sviluppo. La recessione scuote le fondamenta stesse del Paese e la nostra identità culturale, della quale si stanno perdendo saperi, competenze, creatività, rischiando di pagare per anni un conto salato, nonché indeterminabile nella sua esatta entità, in termini d’indebolimento della diffusione delle conoscenze, dell’innovazione e della competitività della base produttiva; i patrimoni artistici, architettonici e culturali sono gli autentici riferimenti del bene comune e della coscienza collettiva, dell’educazione, del merito e dei talenti, della nostra cultura; ritenuto che: il declino del patrimonio culturale, ambientale, paesaggistico, rurale e geologico della Sicilia rappresenta un esempio reale del degrado del nostro Paese il quale, nonostante la sua straordinaria ricchezza ed eccezionale varietà e gli ingenti fondi europei che vi sono stati riversati negli scorsi decenni rappresentano oggi un onere difficile da sostenere, verso un patrimonio sovente mal gestito, poco fruibile, abbandonato al degrado e ai furti, aggredito dall’abusivismo e da interessi speculativi spesso criminali; l’incuria del patrimonio risulta essere una delle maggiori cause della crisi del settore turistico, laddove la cura adeguata rappresenterebbe uno stimolo per l’economia e fonte primaria di occupazione; la recente notizia che gli incassi di musei e siti archeologici sono diminuiti di un milione di euro in un anno e coprono appena un quinto delle sole spese per il personale preoccupa ancora di più; in linea con l’abolizione del sistema territoriale delle Province e con la necessità di armonizzare e promuovere le identità che costituiscono l’ossatura storica ed originale dei vari luoghi della cultura nazionale, la struttura organizzativa dei dipartimenti dei beni culturali delle varie regioni italiane dovrebbe essere ripartita in macro-aree o distretti culturali, all’interno dei quali dovrebbero operare servizi come soprintendenze, musei e gallerie, parchi archeologici paesaggistici. La denominazione di tali distretti richiamerebbe volutamente quella degli omologhi “distretti turistici”, sostenendo la razionalità e la congruenza di un approccio integrato fra patrimonio culturale e turismo, corrispondendo ciascuno di loro ad aree culturali omogenee, frutto di una storia plurisecolare sviluppatasi su determinati ambiti geomorfologici; l’individuazione delle macro-aree e la creazione dei distretti determinerebbe importanti conseguenze ai diversi livelli richiamati, innovando profondamente l’aspetto organizzativo del dipartimento dei beni culturali e dell’identità nazionale e in prospettiva l’organizzazione dei territori regionali. Il ripristino delle soprintendenze tematiche, rispettivamente archeologiche, architettonico-paesaggistiche, dei beni culturali mobili (storico-artistici, etnoantropologici, librari ed archivistici), consentirà di armonizzare le funzioni nei confronti degli organi statali ministeriali equivalenti e di meglio valorizzare le specifiche competenze tecnico-scientifiche, dalle quali dipendono il livello di qualità nell’esercizio dei compiti istituzionali assegnati e dei servizi erogati. Unitamente alle soprintendenze tematiche, sopra richiamate, importanti segmenti del sistema di gestione pubblica del settore sono rappresentati dai servizi in essere nei musei e nelle gallerie; da tale razionalizzazione economica e gestionale delle strutture amministrative, si identificherebbero i “servizi parchi”, derivanti dall’accorpamento organico e integrato dei siti e delle strutture museali del territorio, servizi che consentirebbero una comprensione unitaria e una fruizione più immediata dei vari aspetti della cultura del nostro Paese, vista non più come somma di reperti storici, ma come un itinerario attraverso il tempo e lo spazio, le emigrazioni, i commerci, le risorse naturali, le tradizioni alimentari e i riti religiosi, fruibili grazie alla rifunzionalizzazione delle antiche reti viarie, armentizie e ferroviarie, da percorrere in bicicletta, a piedi, o a cavallo, sostando ai bivieri, pernottando in mulini, frantoi e grotte; a sviluppare sempre più queste forme di fruizione saranno gli ecomusei, iniziativa partecipata a gestione autonoma da parte delle comunità locali che si riconoscono, riappropriandosene, nei valori della cultura materiale e immateriale tipica e originale per ciascun ambito territoriale, oggi diffusamente praticata in Europa ma priva in Italia di una regolamentazione normativa; risulta essenziale il coinvolgimento dei privati, le cui architetture rurali e case museo inserite nel più ampio circuito delle varie identità territoriali consentiranno di far scoprire gli aspetti meno conosciuti e magari più esaltanti del paese Italia, come l’interazione fra mondo contadino e dimore storiche, fra regge medievali e collezioniliberty, tutelandone la conservazione e favorendone la fruizione grazie a innovative forme di sinergia anche con le scuole. In tal senso un ”osservatorio per la qualità del paesaggio” potrebbe diventare punto di interazione fra le comunità locali, le associazioni, i singoli cittadini e le istituzioni, per arricchire le proposte, la documentazione e le azioni di valorizzazione del paesaggio; rilevato che: l’art. 114, rubricato “Livelli di qualità della valorizzazione”, del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modifiche e integrazioni, così prescrive: «1. il Ministero, le regioni e gli altri enti pubblici territoriali, anche con il concorso delle università, fissano i livelli minimi uniformi di qualità delle attività di valorizzazione su beni di pertinenza pubblica e ne curano l’aggiornamento periodico; 2. I livelli di cui al comma 1 sono adottati con decreto del Ministro previa intesa in sede di Conferenza unificata; 3. I soggetti che, ai sensi dell’articolo 115, hanno la gestione delle attività di valorizzazione sono tenuti ad assicurare il rispetto dei livelli adottati»; il Ministro per i beni e le attività culturali pro tempore, dopo aver costituito con decreto ministeriale del 18 maggio 2010 il gruppo di lavoro paritetico con le autonomie territoriali per l’esame e l’approfondimento delle tematiche connesse alla costituzione ed alla gestione dei parchi archeologici, ha approvato, con decreto del 18 aprile 2012 (Gazzetta Ufficiale 2 agosto 2012, n. 179, Serie Ordinaria n.165), le linee guida per la costituzione e la valorizzazione dei parchi archeologici; occorrono alcune misure correttive utili a sostenere i servizi musei e i servizi parchi e la loro azione di promozione e valorizzazione culturale in funzione, oltre che del consolidamento identitario delle comunità insediate nei territori, anche dello sviluppo dell’indotto che ne deve derivare sotto i profili economico e turistico, impegna il Governo: 1) ad attivarsi affinché si possa realizzare un sistema integrato in cui, per la prima volta, il patrimonio culturale di proprietà pubblica e quello di proprietà privata vengano considerati come un insieme unitario e interdipendente, prevedendo nuove forme di partecipazione e nuovi soggetti titolari di attività di valorizzazione con formule di collaborazione innovative a costo zero (ecomusei, case-museo, architetture rurali tradizionali, istituti scolastici, geositi, viabilità storica); 2) a rafforzare la normativa nazionale vigente e, conseguentemente, le normative regionali, al fine di poter attualizzare un sistema organico di gestione e valorizzazione del patrimonio culturale considerato nella sua interezza come un preciso asset strategico, atto a favorire investimenti, a creare nuovi posti di lavoro, a far fronte in maniera concreta nonché risolutiva all’emergenza dei lavoratori precari e a fornire un canale per la formazione diversificata del personale; 3) ad attribuire la giusta autonomia finanziaria alle varie realtà locali e regionali derivante dall’assunzione degli introiti della vendita dei biglietti di ingresso e dei canoni di concessione e di riproduzione, attuando una previsione legislativa già normata, ma finora mai resa efficace, dall’art. 110 del codice dei beni culturali e del paesaggio; 4) a riordinare complessivamente la materia dei beni culturali, ambientali e paesaggistici, intervenendo sull’organizzazione generale delle strutture, sulle competenze, sulla modalità di gestione e sulle misure finanziarie; 5) ad attuare profonde riforme, a partire dall’apparato pubblico, uscendo dai criteri di straordinarietà ed emergenza, avviando nuovi processi di programmazione e realizzando interventi, attesi da anni, che restituiscano al Paese e ai cittadini una prospettiva di lungo periodo, la fiducia nel futuro e la speranza di una qualità di una vita migliore. (1-00142)