Molti amici mi hanno chiesto se parteciperò alla manifestazione “Verso la costituente” di domani a Firenze.
Ci ho pensato, molto. So che interverranno tante persone che con me hanno condiviso l’esperienza del fallimento del Movimento 5 stelle.
Il punto è che il tentativo di quegli amici ex m5s mi pare si porti dietro tanti limiti che erano propri del Movimento, così come l’ho sperimentato all’opera in Parlamento.
Certo rispetto al m5s si sono fatti importanti passi avanti: al soggetto che si costituirà mancheranno sicuramente due limiti: il veto -paralizzante- verso ogni forma di alleanza e la tutela – insopportabile – dei maturi diarchi i quali stanno ridimensionando il Movimento, portandolo alla misura che ritengono di poter meglio gestire dalla sede di Milano della Casaleggio associati.
Che alle elezioni politiche il M5S fosse cresciuto troppo per i progetti di “fiato sul collo” prefigurati da Casaleggio, spiazzando la regìa milanese, è fin troppo evidente.
Allora quali sono i limiti che temo siano rimasti agli ex m5s che si incontrano domani a Firenze? La mancanza di una visione politica, di un progetto.
Il m5s ha provato a farne a meno e a sostituirlo con poche parole d’ordine e con l’illusione della democrazia diretta. Ora, io stimo troppo i miei ex compagni di Movimento per immaginarli intenti a imbottite di fumo i propri elettori.
Alla democrazia diretta proprio non credo più.
Per realizzarla e quindi per poter diffondere il processo decisionale è necessaria una profonda conoscenza dei temi da regolare e governare. È necessario che dal Parlamento si mettano a disposizione notizie fresche e vere, ma è necessario anche che la gente questi dati li studi e questo è un lavoro duro che richiede voglia e tempo.
In assenza di questi requisiti, lasceremmo le decisioni politiche in mano a poche migliaia di persone, tra le quali molte chiedono ai parlamentari cosa votare perché non hanno avuto tempo e possibilità di approfondire i temi (mi è capitato molte volte quando ero nel Movimento 5 stelle). Che fare allora?
Sono convinto che un’organizzazione politica nuova ed efficace debba produrre in fase iniziale una griglia di scelte che la definisca di fronte a se stessa e agli altri (e questo, in tempi politicamente utili, ne farà necessariamente una forza tendente a destra o a sinistra – qualcosa di culturalmente nuovo si può fare ma i tempi della cultura non sono i mesi, e dire oggi che si è “di centro” è un’elegante elusione).
Se poi si vuole un soggetto realmente diverso dai partiti come sono diventati oggi, bisogna curare che la partecipazione -reale- della base sia vivace ed essenziale.
I partiti sono morti per carenza di democrazia interna, tanto che i #Renzi lamentano il clima soffocante finché sono fuori dalla stanza dei bottoni, ma si trasformano, appena la conquistano.
I leader devono essere realmente precari. Appena si stabilizzano la democrazia entra in coma.
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