In sé le affermazioni apodittiche, quelle non argomentate, non sono di alcuna utilità al fine di aumentare la comprensione della realtà.
E la realtà di una moderna società complessa è difficile da afferrare e non è più facile rappresentarla.
Eppure la politica usa smodatamente gli slogan ed è una scelta efficace, giacché la maggior parte di coloro che oggi si interessano di politica mal sopporta i testi lunghi ed i ragionamenti complessi, che, pur necessari per spiegare bene le opinioni su temi complicati, risultano indigeribili ai più.
Ma se i molti non tollerano di affrontare le analisi complesse, necessarie per aumentare la comprensione delle cose, e a loro stessi, in quanto più numerosi, è demandata la decisione democratica, è forse vero che la democrazia è condannata alla superficialità?
Tali considerazioni non saranno originali. Il rapporto diretto tra informazione e decisione e tra opinione pubblica e fisiologia del processo democratico è noto a tutti, sia a coloro che lo evidenziano, sia a coloro che lo nascondono a vantaggio della propria efficacia manipolatoria.
I periodi in cui l’informazione (e la formazione, che costituisce il suo indispensabile supporto) sono carenti o distorte, sono gli stessi in cui la democrazia si ammala ed alcuni, più attrezzati, ne traggono vantaggio. Solo che il vantaggio di alcuni tende ad espandersi e, se non temperato, va in danno di tutti gli altri fino a che i bisogni primari come cibo, salute, sicurezza cominciano a non essere più soddisfatti e di conseguenza il rispetto reciproco comincia a vacillare e con esso la convivenza civile.
Qui si aprono crepe nella stabilità dei sistemi politici, che, ormai deteriorati, scadono nel generale apprezzamento fino a farne apparire dannosa la preservazione e desiderabile il cambiamento. Purchessia. Finanche il rovesciamento appare migliore della prosecuzione dello stato di sofferenza diffusa della società. In tanti si propongono come curatori o addirittura risolutori, molti in malafede, altri in buona fede ma maldestri, altri prudenti. Alcuni troppo. Intanto i problemi stanno lì e lievitano sotto l’effetto della sofferenza concreta delle persone e per effetto della paura e del risentimento sparsi a piene mani da alcuni per cavarne consenso.
Non scorgo un catastrofe positiva in questo dramma. Mi limito a suggerire una intensa, instancabile, spasmodica attività di informazione e di formazione politica. Perché solo una politica sana, libera e democratica, solo la buona e consapevole partecipazione può servire a fermare il disastro, o almeno a gettare i semi per la ricostruzione.
E allora ben vengano organizzazioni che si propongono lo studio della società, dei fenomeni economici, delle soluzioni politiche. Meglio se promosse e amministrate da giovani e vecchi insieme. Perché si possa tentare di far tesoro di tanti errori fatti negli ultimi decenni e si possa affidare il lavoro di analisi a gambe robuste che lo portino lontano. Perché la politica deve agire per incidere nel presente ed avere capacità e pazienza di guardare al passato, sapendo che questo non torna mai nelle stesse forme, ed al futuro che vuole progettare e realizzare.