Roma, 31 marzo 2016 – “Il ministro Galletti continua a dire che le piattaforme petrolifere e le trivellazioni sono sicure, ma il caso della piattaforma Vega dimostra il contrario”, denunciano i senatori Francesco Campanella e Fabrizio Bocchino (Sinistra Italiana-Altra Europa), che hanno depositato oggi una interrogazione urgente al ministro dell’Ambiente.
La Vega è la più grande piattaforma petrolifera fissa offshore d’Italia. Si estende al largo di Pozzallo (Ragusa) per 184,8 km quadrati. È gestita da Edison, per conto di una società mista Edison (60%) ed Eni (40%).
Secondo un rapporto dell’ISPRA, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, di cui da conto un’inchiesta pubblicata sull’ultimo numero della rivista siciliana “S”, per quasi 20 anni – dal 1987 al 2007 – la Edison avrebbe smaltito i rifiuti derivanti dall’estrazione e lavorazione del petrolio in un pozzo sterile, il pozzo Vega 6, del campo di estrazione.
Ben 496.217 metri cubi di acque contaminate da “metalli tossici, idrocarburi policiclici aromatici, composti organici aromatici e metil-ter-butil-etere” sarebbero state iniettate nel pozzo, situato a una profondità di 2.800 metri.
Ma essendo il pozzo Vega 6 permeabile, secondo l’ISPRA “ragionevolmente la contaminazione ha interessato un’area di maggiore estensione”, coinvolgendo anche “altre formazioni geologiche con essa confinanti e in comunicazione”. Tale fenomeno, sempre secondo l’ISPRA, sarebbe anche stato favorito dal trattamento con acido cloridrico, uno dei liquidi più corrosivi esistenti, che la Edison ha utilizzato per ampliare la capacità di contenimento del pozzo, e dalla fratturazione della matrice rocciosa per aprire in essa nuove vie per lo scorrimento dei fluidi.
“Il procedimento penale avviato nel 2007 contro alcuni dirigenti del Campo Vega per il reato di illecito profitto dovuto allo smaltimento di rifiuti pericolosi non autorizzato per l’attività estrattiva e di stoccaggio degli idrocarburi non è ancora arrivato al primo grado di giudizio, e rischia ora di cadere in prescrizione”, denunciano i Senatori, che sollecitano il ministro per l’Ambiente a intervenire.
Il fatto è tanto più grave, continuano, “se si considera che la situazione non è nemmeno sanabile, vista la profondità del pozzo”. Per questo l’ISPRA chiedeva il risarcimento del danno ambientale, per un ammontare di 69.470.380 euro, pari al costo dello smaltimento regolamentare del quantitativo accertato di questo tipo di rifiuti. “Un risarcimento dovuto alla collettività, che ora rischia di andare perduto”.
“Non intervenendo, il Ministro lascia intendere che il nostro mare può essere inquinato impunemente. E questo mentre il governo continua irresponsabilmente a sostenere che le trivelle sono sicure”, concludono Campanella e Bocchino.
I pozzi non inquinano , quante palle ci raccontano …